mercoledì 24 ottobre 2012

Perché proprio a noi?


Non farò l’elenco delle varie disgrazie o sfortune che mi sono capitate durante il 2012 - e tra queste non ho considerato la crisi economica, le condizioni atmosferiche, la benzina che aumenta e… chi più ne ha più ne metta - ma credo di parlare a nome di molti se affermo che questo non è certamente stato un anno positivo. Io ho iniziato con il conto alla rovescia. 


Quando quel mercoledì 10 ottobre, al primo piano del reparto di oncologia del Policlinico Agostino Gemelli, uscendo dall’ambulatorio n°4, abbiamo saputo che Carlotta avrebbe dovuto affrontare alcuni cicli di chemioterapia, ci è caduto il mondo addosso. 
Aveva da un paio di mesi un bozzo - grande quanto una pesca - sotto la mandibola destra. Inizialmente le era stata diagnosticata una parotite, ma dopo due settimane di antibiotico e cortisone, di un dosaggio basso prima e di uno più potente poi, considerando gli scarsi risultati, abbiamo deciso di approfondire le indagini.
Si trattava di un linfoma, un tumore che si presenta sotto forma di massa, che riguarda il sistema linfatico. Immaginate lo spavento e le lacrime versate in quel momento. Seppur quello fosse già il terzo parere dato da un professionista, ci siamo sempre augurati che si sbagliassero.
Con un piccolo intervento avrebbero prelevato un campione da analizzare e conseguentemente, avuta la conferma dalla biopsia, si sarebbe pianificata la chemioterapia. La chemio è l’unico rimedio contro quel tipo di tumore, seppur benigno.
Fortunatamente, durante l’intervento, il chirurgo, aprendo, non ha più trovato la massa che tanto ci aveva spaventati ed allarmati, ma una semplice infiammazione. Tradotto: una sacca piena di un esudato viscoso, denso e di colore bianco-giallastro, comunemente conosciuto con il nome di pus. Il tutto si è quindi risolto al meglio e l’unica cura sarebbe stata quella di prendere un antibiotico. 

Quando inizialmente l’ipotesi era ancora quella di un brutto male abbiamo passato momenti terribili, devastanti. Perché mai proprio a noi doveva capitare una cosa del genere? E’ questa la domanda che più frequentemente ognuno di noi si pone al cospetto di tragedie che vengono ad infastidire la nostra già non facile vita.
La mia famiglia, da sempre, nutre una fortissima fede in Dio. Anche io sono cresciuto con certi valori e certe idee. Per una serie di ragioni, crescendo, mi sono allontanato da certi sistemi - come quello di andare a Messa la domenica - anche se dentro di me, di tanto in tanto, rivolgevo delle preghiere a chi sapevo mi avrebbe sempre e comunque ascoltato.
La maggior parte delle volte, davanti a situazioni spiacevoli, ce la prendiamo con il Signore perché le cose non vanno come avevamo sperato o addirittura progettato.
E’ una brutta abitudine la nostra, quella di prendercela sempre con qualcun altro.
La verità è che ci siamo fatti, di Dio, un’idea sbagliata e probabilmente sarà colpa di ciò che ci hanno impartito alcuni vecchi insegnamenti che condizionano tutt’oggi il rapporto con il Signore.
Smettiamo di essere ipocriti, ringraziamo mai Dio se qualcosa ci va bene? 
Dio mette a dura prova la nostra fede; nei momenti difficili più fede riusciamo ad avere fidandoci di Lui, più alte sono le probabilità di sconfiggere il male ed essere premiati. E’ infatti l’amore il rimedio per allontanare il male.
Credere in Dio significa amare, perché Dio è amore. Non credere in Dio significherebbe non credere nell’amore.
Se ognuno di noi iniziasse ad amare un po’ di più ci sarebbe meno male. Non dobbiamo fare cose grandi, l’amore è fatto di piccole cose e abbiamo quotidianamente la possibilità di farlo: dare un braccio a chi non può camminare, fare una battuta e far ridere chi è solo, dare un bacio prima di andare a dormire.
“Tutto ciò che di buono farete al prossimo, lo avrete fatto a me!” E’ questo il modo che abbiamo di incontrare Dio, aiutando il prossimo, tra le mura di casa, di un ufficio, in mezzo alla strada o al mercato. Ogni persona che si manifesta a noi è Dio.
Molti di voi, leggendo questo post, non saranno d’accordo, semplicemente perché non credono o non vogliono credere. Molti derideranno le mie parole, altri forse le apprezzeranno.
Ho provato sulla mia pelle cosa significa e Carlotta, uscita dall’ospedale, non ha neppure avuto bisogno di cure antibiotiche. La sua fede è stata messa alla prova, come anche la nostra, ed è stata più forte del male.
Se anche fosse un’illusione, di certo è una di quelle che ci fa vivere meglio.  


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