martedì 9 ottobre 2012

Chi vuole sul serio qualcosa trova una strada, gli altri una scusa.


Dichiararsi non è cosa facile a tutti. Qualcuno, più espansivo, riesce a manifestare chi è e cosa prova con maggior semplicità. 
Qualcun altro, invece, non sapendo esternare ciò che ha dentro,  è spesso intimorito da ciò che potrà accadere dopo, risultando spesso goffo, impacciato e insicuro.  
Pensiamo, ad esempio, a quando si decide di dichiarare un amore. La paura di non essere corrisposti incoraggia poco il rischio, pur essendo una paura che ci fa sentire  tremendamente vivi. 
Nessuno di noi impazzisce all’idea di un rifiuto.
E’ un po’ quello che accade a chi decide di fare coming-out
La paura di un rifiuto da parte di familiari, amici o conoscenti, ci induce a non dichiarare la nostra condizione.
E’ una sana paura la nostra, quella di chi non vuole rischiare di perdere qualcosa.
Molti asseriscono che non compiono il passo per non generare un dolore a chi, come un genitore, non si aspetterebbe questa notizia.
Partiamo dal presupposto che ogni genitore conosce le pieghe più intime dell’animo del proprio figlio e che se fino ad oggi hanno fatto finta di niente è perché loro hanno avuto rispetto della nostra intimità. Che rispetto abbiamo avuto nei loro confronti non essendo stati sinceri con chi per noi ha fatto di tutto?
La scusa di generare loro un dolore rimane tale. Una povera scusa.
Quanti di noi hanno fatto prove davanti allo specchio affermando “Sono gay!” Prove che evidentemente denunciano la voglia di voler scrollarsi di dosso un peso che si porterebbe meglio insieme a chi ci vuole bene. Ci si sente spesso ridicoli, sfigati e la nostra voce, guardandoci allo specchio mentre ripetiamo continuamente cosa siamo, ci fa tremendamente schifo.
Un antico proverbio africano recita: Chi vuole sul serio qualcosa trova una strada, gli altri una scusa. Ero stanco di mentire, di non vivere la mia vita, di fare finta di niente, di compiacere gli altri obbligandomi ad essere quello che non ero. Avevo capito che dovevo volere ciò che sono. 
Così, per sfuggire a tutte queste sensazioni, per evitare di sentirmi stupido e ridicolo, ho trovato il modo, forse il più eclatante, per dire a chi mi ama tutto quello che non sapeva di me.
E’ da qui che nasce l’idea del libro, anche se inizialmente non era la pubblicazione la mia vera mira. Avevo scritto per me, righe che avrei riletto probabilmente tra trent’anni, rispolverando il taccuino da un cassetto che non apro mai.
Scrivere mi aiutava a mettere da parte e non dimenticare, mi aiutava ad esorcizzare la tristezza nei momenti in cui il dolore si faceva così acuto che sembrava non poter esistere altro.
Rileggendo e riordinando le idee, con il consiglio di pochi e veri amici, ho capito la potenzialità che avevano le mie parole messe su carta, nero su bianco.
Ho inviato le bozze a un paio di case editrici, una conosciuta, l’altra meno. Entrambe mi hanno risposto con una proposta editoriale. Ho scelto ovviamente la più conveniente.
Non si tratta di un capolavoro classico e non gli interessa esserlo. E’ scritto con una purezza e una semplicità che lo rendono di tutti. Si rivolge ad ognuno di noi.
A domanda rispondo (ma nessuno ha mai chiesto) è stato il mezzo con il quale tutti, soprattutto la mia famiglia, hanno saputo di me.
Contrariamente a ciò che mi aspettavo, le reazioni sono state positive. A fare notizia non è stata tanto la mia condizione, quanto più il fatto che io abbia sofferto così tanto. Che fossi gay era già ben noto a tutti.
Avevo generato in molti la sensazione di sentirsi inutili, un’inutilità scaturita dal fatto che non erano riusciti a starmi vicini nei momenti più difficili.  
Di persone nei miei stessi panni ne conosco tanta, eppure sapevo di non dovermi aspettare tanto da loro. Il popolo gay è come quello di un piccolo paesino di provincia che tende a boicottare se qualcuno riesce in qualcosa rispetto ad altri; riesce ad essere unito quando si combatte per qualcosa per il bene della comunità, ma con la stessa facilità si fanno guerra tra di loro.
A domanda rispondo (ma nessuno ha mai chiesto) è una sincera affermazione di sé (di me), un’indagine profonda che aiuterà, chi lo desidera, a fare i conti con il proprio passato e il proprio presente, nella ferma intenzione di costruirsi un futuro sereno.


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